Il problema dell’overtourism e le soluzioni adottate da alcune mete
Accessi contingentati, tasse di soggiorno aumentate e leggi ad hoc per evitare affollamenti, queste sono alcune delle misure messe in atto dalle città di tutto il mondo per diminuire l’impatto del turismo di massa sui territori. Ma sarà abbastanza?

Il problema dell’overtourism, o turismo di massa, è un fenomeno che da dopo la parentesi della pandemia di Covid 19 sta colpendo molti siti turistici e città in tutto il mondo, oltrepassando a volte la soglia fisiologica di sostenibilità.
Anche se alcuni luoghi del mondo ‘vivono’, per così dire, di turismo, il sovrannumero di viaggiatori nei periodi di alta stagione causa non pochi problemi ai residenti e ai turisti stessi.
I social sono stati una delle cause dell’overtourism in zone del mondo che prima del loro avvento non avevano mai avuto a che fare con alti numeri di turisti; infatti, la voglia di produrre contenuti sempre più esclusivi da parte degli influencers, ha fatto conoscere ai più l’esistenza di zone remote e bellissime che erano rimaste quasi incontaminate proprio perché non sommerse dai viaggiatori.
Secondo l’Organizzazione mondiale del turismo, nel 2030 lo spostamento di viaggiatori si aggirerà intorno ai due miliardi, ecco perché molti Paesi stanno correndo ai ripari ora, attuando diverse soluzioni.
Ma è giusto parlare di overtourism come colpa esclusiva dei turisti?
Le misure

Anche se ogni luogo è a sé stante per quanto riguarda i problemi che si presentano in merito all’overtourism, diciamo che in linea di massima alcune criticità si ripresentano in maniera abbastanza costante.
Ad esempio il sovraffollamento dei monumenti più famosi, e in alcuni casi anche patrimonio dell’umanità, come l’Acropoli di Atene o Plaza de España a Siviglia: in questi casi oltre a contingentare l’accesso tramite prenotazione anticipata, come succede per l’Alhambra o Venezia, si vuole o si è già proceduto al pagamento di un biglietto d’ingresso per finanziarne la conservazione e attività collaterali. In casi più estremi si è deciso addirittura di proibire l’accesso a determinate aree, come nel quartiere delle geishe, Gion, a Kyoto.
La movida è il punto debole delle zone ritenute ‘giovani’ di ogni città del mondo, ma alcune di queste ne soffrono un pò di più a causa della fama che si sono costruite negli anni. Parliamo ad esempio di Maiorca, Barcellona, Amsterdam, che hanno deciso di istituire alcuni divieti come quello del consumo di alcolici in zone più sensibili o, per quanto riguarda la città olandese, il divieto di fumare marijuana per strada, o anche restrizioni in fatto di addii al celibato/nubilato e aumenti delle tasse di soggiorno.
Ad Amsterdam inoltre si vorrebbe spostare il red lights district, una vera e propria calamita per i turisti, dal centro verso la periferia della città.
Altri due punti critici sono le spiagge delle località marittime più famose e le crociere. Per quanto riguarda le spiagge, la maggior parte delle risoluzioni implica restrizioni sulla quantità di stabilimenti attrezzati e sui metri da mantenere liberi tra ombrelloni e bagnasciuga come ad esempio la serie di leggi che ha approvato il governo greco che, tra le altre cose, stabilisce che almeno il 70% dell’area della spiaggia deve rimanere libera da lettini (percentuale che sale all’85% nelle aree protette).
Le crociere sono state più o meno soggette a leggi limitanti in tutti i maggiori porti d’attracco che siano anche altamente turistici; tanto per citarne una, Dubrovnik, in Croazia, considerata la destinazione con il maggior numero di vacanzieri per abitante, ha deciso di limitare a 2 il numero di navi da crociera che possono attraccare al giorno.
L’overtourism è davvero un problema dei turisti?
La comparsa della parola overtourism risale al 2016, quando un giornalista del magazine Skift la utilizzò per la prima volta per indicare con una parola il fenomeno, presente anche in passato in realtà, del turismo di massa, ovvero un turismo mal gestito.
Secondo Michael J. O’ Regan, docente di turismo presso la Glasgow Caledonian University, non si dovrebbe più utilizzare questo termine per indicare il fenomeno perché il suo uso ha avuto come conseguenza quella di impiegare parole che hanno a che fare con le crisi, le guerre e le emergenze. Il risultato è stato quello di aver creato due fazioni: da un lato i turisti e dall’altro gli abitanti delle destinazioni turistiche.
Ma siamo certi che il problema sono i turisti?
Se ci si fa ben caso, sono molte le richieste fatte ai turisti, come ad esempio pianificare meglio i viaggi ed evitare le destinazioni più famose in favore di altre meno conosciute, ma di soluzioni messe in campo direttamente dalla politica, come tasse sulle emissioni di anidride carbonica, regolamentazioni o alloggi a prezzi accessibili, c’è veramente poco.
Alcune amministrazioni italiane si sono fatte carico del problema in maniera esemplare, come la provincia autonoma di Bolzano che, invece di limitare l’accesso a città o territori (tra l’altro questa è una soluzione non consentita dalla legge italiana perché violerebbe il diritto alla libera circolazione delle persone), ha deciso di imporre un tetto al numero dei letti disponibili: 230mila posti letto in tutta la provincia. In questa maniera si vuole puntare ad un turismo più sostenibile e di qualità.