Turismo di massa in Europa: conseguenze e misure
Il turismo di massa in Europa sta diventando un problema sempre più grande. Dalle proteste di Malaga e Barcellona alle restrizioni sugli Airbnb, i residenti delle città più visitate del Vecchio Continente si schierano contro i flussi violenti di turisti che, più che gratificare i luoghi, li prosciugano e li rendono invivibili.
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Il fenomeno del turismo di massa non è nato ieri, ma mai come nel periodo attuale rappresenta una vera e propria minaccia non solo alle comunità locali, ma all’ambiente e alla sostenibilità urbana. I turisti ci sono sempre stati, e si sono sempre concentrati in alcuni luoghi più che in altri.
I numeri a cui assistiamo, però, da qualche anno a questa parte, sono totalmente nuovi, enormi e distruttivi. Per questo le città europee iniziano a chiedere misure contenitive e ad intraprendere una vera e propria lotta.
In Europa nel 2024 sono stati registrati più di 747 milioni di arrivi turistici internazionali. L’Onu stesso ha segnalato questo numero spaventoso, che fa già paura di suo, ma che risulta ancora più importante se paragonato ai numeri del 2005, che vedevano arrivare in Europa appena 416 milioni di turisti dall’estero.
Turismo di massa in Europa

Nelle città europee le proteste contro l’overtourism si fanno sempre più frequenti e partecipate. Ne sono un esempio quelle di Napoli, Lisbona e Barcellona, che recentemente hanno coinvolto migliaia di cittadini.
Il turismo infatti, per quanto vada tutelato e sia fonte di ricchezza e occupazione, sta diventando un problema nella sua forma più estrema. Quando a visitare un luogo non sono i singoli turisti, ma una vera e propria massa di persone, a danneggiarsi sono diverse cose:
- i luoghi,
- la vivibilità,
- la gestione dei servizi pubblici,
- i mezzi di trasporto,
- la congestione delle strade,
- l’ambiente,
- la socialità,
- l’autenticità,
- l’esperienza.
Nessuno sembra guadagnarci, eppure il turismo di massa rimane un problema che non solo persiste, ma si acuisce con il passare del tempo. Oggi infatti, il 42% dei viaggiatori si concentra in soli 10 Paesi nel mondo e la maggior parte dei turisti viaggia nello stesso periodo dell’anno.
L’Europa si ribella, e se ad Amsterdam è stata vietata la costruzione di nuovi hotel, Dubrovnik ha imposto limiti agli attracchi delle navi da crociera e Santorini ha introdotto il numero chiuso.
Il caso della Spagna

In Europa l’overtourism è particolarmente sentito in Spagna, dove sono ormai note le proteste dei cittadini di Malaga e Barcellona, e dove il governo ha deciso di eliminare più di 65.000 annunci da Airbnb. Le città spagnole, infatti, sono letteralmente prese d’assalto dai turisti di tutto il mondo, e si è passati dall’esserne contenti, all’odiare totalmente i turisti. Questi però, non hanno tutte le colpe, ma anzi condividono una parte della pena. A nessuno, infatti, piace andare in vacanza dove c’è folla, dove i prezzi sono altissimi e dove la moltitudine di altri turisti rende invivibili i luoghi.
Per questo, si stanno facendo largo le dupe destinations e gli itinerari lontani dai circuiti turistici più battuti, che valorizzano le piccole realtà e che mettono al primo posto la lentezza del viaggio.
Questa sembra essere, al di là dei provvedimenti anti-turismo di massa, la soluzione più giusta per cui optare, e la strada migliore da seguire sia per portare i flussi (e il loro indotto) laddove ancora non sono arrivati, sia per garantire ai viaggiatori un’esperienza più tranquilla e autentica, lontana dalle folle incontrollabile dalle code interminabili per un biglietto o un tavolo al ristorante.